Il Monte Cognolo – Culme – si trova a 671 m sul livello del mare. È un rilievo prealpino sollevato tra Provaglio e Provezze. Il Monte Cognolo rappresenta una testimonianza dei processi geologici che hanno originato e trasformato il sistema alpino per le sue forme, tra cui la particolare parete di strati rocciosi chiamata Còrne e la cui estetica ricorda la figura di un elefante, e le rocce e i fossili che lo costituiscono.
Formazione geologica
Nella formazione di una montagna si definiscono tre fasi:
- litogenesi – formazione delle rocce;
- orogenesi – piegamento e sollevamento delle rocce;
- morfogenesi – assunzione della forma attuale.
Litogenesi
Circa 250 milioni di anni fa le terre emerse erano unite in un unico continente – Pangea – e circondate da un unico oceano. A circa 220 milioni di anni fa il continente Pangea si frattura in placche. La placca africana e la placca euroasiatica separandosi gradualmente portarono alla formazione dell’oceano Ligure-Piemontese. Sul suo fondale, nel corso di milioni di anni, si sono depositati strati di sedimenti di diversa natura: sabbia, argilla e resti di organismi animali e vegetali. Questi sedimenti porteranno alla formazione delle rocce che vanno a costituire il Monte Cognolo.
I sedimenti sono depositi subaerei o subacquei incoerenti di origine meccanica, chimica e biologica. Questi sono resi disponibili da una serie di processi sedimentari, ossia la somma e sinergia di processi fisici, chimici e biologici, e ne promuovono il trasporto, deposizione, seppellimento ed erosione. Il perdurare dei processi sedimentari porta alla produzione di prodotti litificati organizzati in strati – rocce sedimentarie – che conservano nella loro conformazione la memoria degli specifici processi alla loro origine. I processi litogenetici comportano la trasformazione di un sedimento incoerente in roccia coerente e nel caso delle rocce sedimentarie prende il nome di diagenesi. Le rocce sedimentarie che compongono il monte, originate da depositi di sedimenti, sono diverse tra loro poiché formate in tempi diversi, durante i quali l’ambiente marino e/o la composizione dei sedimenti sono mutati. L’origine marina delle rocce costituenti il Monte Cognolo è testimoniata dai fossili ritrovati, dati da resti di organismi marini caduti sul fondale e sedimentati.
Orogenesi
A circa 130 milioni di anni fa, il movimento di allontanamento tra la placca africana e la placca euroasiatica si inverte portando all’avvicinarsi delle placche fino a scontrarsi. Questo comportò il restringimento dell’oceano Ligure-Piemontese e dei suoi fondali. I quali in parte scivolarono sotto la placca africana, in parte si incurvarono e sollevarono sulla placca euroasiatica formando il sistema Alpino. Gli strati rocciosi, orizzontali sul fondale marino dello spessore di quattro-cinquemila metri, dopo essersi sollevati si inclinarono, questo lo si può constatare lungo la fiancata del monte rivolta a Ovest o in quella tra Zurane e Provezze.
Morfogenesi
Gli strati rocciosi emersi formano rilievi che nel corso del tempo modificano le proprie forme poiché sono sottoposti all’azione degli agenti esogeni (temperatura, vento, acqua, ecc.). Il fiume Oglio incise in mezzo il Monte Cognolo e il Monte Alto (eretto fra Corte Franca e Adro), creando il solco della Val Camonica e la conca del Sebino-Franciacorta. Il Monte Cognolo e il Monte Alto si ipotizza che originariamente fossero uniti in un unico blocco poiché entrambi presentano la medesima stratigrafia con un’inclinazione ad andamento continuo. Entrambi sono costituiti da rocce sedimentarie marine: calcari, marne e arenarie.
Le glaciazioni dell’Era Quaternaria succedutesi fra circa 700 mila e 10.000 anni fa sono l’ultimo grande evento a cui è stato soggetto il Monte Cognolo. Le masse glaciali pleistoceniche, dalle Alpi, sono discese per quattro volte lungo le valli, fra cui la Val Camonica, intervallando periodi di ritiro. La Glaciazione del Wurm, la più recente con il ritiro del ghiacciaio circa 10.000 anni fa, abbandonò il suo materiale formando il cordone di Provaglio, S. Carlo, Timoline, Casella e Zenighe.
Nella fase di avanzata la massa glaciale erode, raccoglie, accumula e spinge il materiale sedimentario alla propria fronte e i sedimenti all'interfaccia col substrato vengono trascinati a valle frantumandosi e deformando il substrato stesso. Alle falde del Monte Cognolo, di fronte al ristorante Funtanì, sotto la terra del suolo di intravede la roccia levigata. Al contempo i depositi endo-glaciali e supra-glaciali fluiscono con la massa glaciale verso valle, anche i sedimenti margino-glaciali possono accumularsi in un’intercapedine tra il versante vallivo, che viene eroso e levigato, e la massa glaciale. Il materiale trasportato dal ghiaccio era composto da frammenti rocciosi – clasti – di dimensioni da millimetriche a decimetriche e immersi in una matrice argillosa e sabbiosa. Questi hanno una genesi verificatesi in modalità differente e in un periodo antecedente rispetto alle rocce costituenti il monte. Tra i materiali trasportati si trova per esempio una roccia di origine magmatica chiamata Tonalite (ca. da 42 a 40 milioni di anni fa). Si è formata per raffreddamento del magma in profondità nella crosta terrestre e presenta una struttura a macrocristalli e una colorazione che può essere bianca, nera e grigia. Questa roccia costituisce gran parte del massiccio dell’Adamello. Inoltre, la massa glaciale ha eroso e prodotto le ripide pareti di roccia sopra Gresine, queste sono molto pendenti poiché l’azione del ghiaccio ha tranciato i pendii precedenti fino alla quota a cui giungeva, senza alterare quelli superiori.
Nella fase di fusione vengono generati i corpi sedimentari margino-glaciali, quali le morene, costituiti dai materiali accumulati alla fronte del ghiacciaio durante l'espansione. Inoltre, in questa fase di ritiro il ghiacciaio libera il substrato ormai deformato e deposita su questo i sedimenti endo-glaciali e supra-glaciali promossi dal trasporto da parte delle acque di fusione generando i corpi sedimentari margino-glaciali sospesi: laddove prima erano sostenuti dal ghiaccio, questi restano sopraelevati e isolati senza relazioni reciproche. La parte del monte su cui poggiano i resti del Castello è un cordone morenico laterale, costituito da ciottoli e terriccio proveniente dalla Val Camonica e/o dalle pareti occidentali del monte stesso. Tale deposito ha sbarrato una rientranza a metà del monte creando una conca che si è colmata di detriti provenienti dalle cime attorno, questa valle è diventata nel tempo un pianoro sopraelevato chiamato Pian delle Viti.
Altra importante testimonianza dell’avanzata e del ritiro della massa glaciale, che si trova alle pendici del Monte Cognolo a quota 425 m sul livello del mare, è il masso erratico – balòta o baluton. È una roccia sedimentaria di origine continentale chiamata Verrucano Lombardo (ca. da 260 a 240 milioni di anni fa). La sua genesi è avvenuta per sedimentazione in bacini idrici sulla placca continentale e presenta una colorazione violacea e una granulometria grossolana. È una roccia differente da quelle che compongono il Monte poichéIn è stata erosa, trasportata e depositata dalla massa glaciale dalla Val Camonica. Questa fornisce un elemento indicante la quota a cui giungeva il ghiaccio.
Rocce
Calcare di Domaro (ca. 190 milioni di anni fa): roccia del gruppo del Medolo, composta da calcari ben stratificati intervallati a calcari più o meno marnosi e con una colazione variabile da grigio a nocciola. Si presenta a strati di una ventina di centimetri di spessore, come si evince lungo le pareti del corno del monte. Contiene spesso bande di selce e ammoniti fossili. Da questa roccia si ricavano piccoli blocchi squadrati, detti médoli, usati come materiale da costruzione – conci da muratura. Nell’edilizia bresciana è stata impiegata fin dall’antichità, per esempio nel Duomo Vecchio e nelle Pallata di Brescia, in monumenti, in palazzi, in costruzioni non nobili e in molti vecchi muri della città e dei paesi della Franciacorta.
Selcifero Lombardo (ca. da 170 a 150 milioni di anni fa): composta prevalentemente da selci policrome a radiolari ben stratificate e intercalate ad argilliti silicee, sostituite verso l’alto da selci rosse a radiolari in strati e noduli fasciati da calcari marnosi e marne di colore rosato. Lo spessore e l’abbondanza delle selci tende a decrescere verso l’alto, come il grado di silicizzazione degli interstrati. È roccia compatta con bordi taglienti e presenta una colorazione variabile dal rosso al verde. Si è formata in ambiente molto profondo dall’accumulo di organismi a scheletro siliceo – radiolari.
Maiolica (ca. 150 a 115 milioni di anni fa): costituita in prevalenza da calcari micritici biancastri, marroncini o grigi, con intercalate marne, argilliti scure e strati silicoclastici molto fini ricchi in sostanza organica nella porzione superiore dell’unità. La selce, di colore variabile dal rosato al grigio ed al nero, è presente in noduli, lenti e strati. Lo spessore degli strati varia da alcuni decimetri nella porzione basale della formazione, a pochi centimetri in quella superiore. Nella porzione superiore possono essere presenti livelli di siltiti radiolaritiche di color bluastro. Ha una colorazione bianco avorio, un aspetto porcellanaceo e una frattura concoide. La genesi avviene in ambiente di mare aperto in seguito all’accumulo sui fondali di gusci calcarei di microrganismi planctonici.
Fossili
Ammoniti: appartengono alla sottoclasse Ammonoidea (Devoniano medio - Cretaceo superiore) della classe Cephalopoda (Cambriano superiore – Attuale). Sono molluschi marini con capo munito di occhi e tentacoli, ben distinto dal resto del corpo. Il guscio, esterno o interno, è costituito da un solo elemento assimilabile ad una forma conica più o meno incurvata o avvolta ed è suddiviso in camere. Sono Cefalopodi con conchiglia esterna planispirale o svolta. Hanno setti ondulati con suture da semplici a complesse e un sifuncolo marginale dorsale o ventrale. In paleontologia sono estremamente importanti per le zonazioni biostratigrafiche: fossili guida e strumenti per analisi paleobiogeografiche. Le ammoniti sono organismi estinti che popolavano i mari al tempo in cui la roccia che li contiene si stava formando. Le condizioni che permettono la fossilizzazione si verificano quando l’organismo morto viene rapidamente sepolto da sedimento fine, prima della sua distruzione. Le parti dure del guscio e dello scheletro possono essere incorporate nel sedimento e diventare roccia attraverso diversi processi di fossilizzazione.
Cartografia
Per la conoscenza fisica e geologica del territorio di seguito vengono allegati i file relativi alle carte geologiche dell'area del comune di Provaglio d'Iseo e alla carta geografica dell'area del Monte Cognolo. I dati sono disponibili sul Geoportale della Lombardia, che consente un servizio di visualizzazione e di download (© Copyright Regione Lombardia).
Carta geologica alla scala 1:250.000: Carta geologica_Scala 1-250000_Provaglio d'Iseo.pdf
Carta geologica alla scala 1:50.000 realizzata nell'ambito del Progetto CARG - foglio IGM 99-Iseo:
Carta geologica_Scala 1-50000_Provaglio d'Iseo.pdf
Carta geografica: Carta geografica_Monte Cognolo.pdf
Vegetazione
Il Monte Cognolo è ricoperto quasi interamente da una variegata e ricca vegetazione. Tale vegetazione è integrata alle vicende dei provagliesi e agli usi che questi ne hanno fatto.
Classificazione delle aree verdi del Monte basata sulle pluralità d’uso che i provagliesi ne hanno fatto.
Vigneti e uliveti terrazzati – si estendono su tutta la fascia pedemontana da Gresine e Persaga e lunga la vallata del Pian delle Viti. Sono stati introdotti dall’uomo a seguito del disboscamento di aree adatte per la posizione soleggiata e la natura alluvionale del suolo. Si presume che l’assunzione di queste colture sia avvenuta in epoca romana. I frutti, vino e olio, ebbero ampia diffusione e consumo nei ceti più nobili.
Cipresseta/pineta – si estende lungo il versante che dà sull’abitato di Provaglio al di sopra della fascia delle coltivazioni terrazzate, fu piantumata nel corso degli anni ’30 del Novecento, attività durata fino agli anni del dopoguerra. Il versante del monte nel corso dell’Ottocento aveva subito un disboscamento intensivo a causa della fornitura di legname alle industrie e molto probabilmente anche a causa di una serie di incendi derivanti dal conflitto fra le attività di pascolo e bosco. Il Corpo Forestale programmò la piantumazione di centomila piante al fine di garantire un rimboschimento per consolidare il suolo e l’assetto idrogeologico e ricostruire l’ecosistema forestale. La piantumazione di abeti, cipressi e pini neri, che sono essenze resinose non autoctone, hanno creato un nuovo bosco inadatto alle condizioni ambientali, che negli anni è stato colpito da diversi agenti atmosferici e no, tra cui il lepidottero defogliatore.
Bosco ceduo misto (ceduo = da taglio, cresciuto per tagli) – occupa il restante spazio del monte. Tra le specie vegetali che lo costituito si può trovare il castagno selvatico, la robinia, il frassino, l’orniello, il carpino bianco, il rovere, ecc.. Il bosco ceduo fu oggetto di usci molteplici. Il taglio fu un’attività eseguita con disciplina e lungimiranza. Fin dalle origini medievali dei Comuni è documentata un’autorità locale che gestiva le aree di bosco di dominio pubblico. Nel corso del Novecento questa stabiliva ogni anno la zona da tagliare, che era suddivisa in lotti poi messi all’asta (o “all’incanto”). Chi li acquistava provvedeva al taglio e allo smercio, mentre i lotti non venduti erano tagliati da volontari, pagati sulla base del peso della legna conferita, venduta poi dal Comune. I polloni delle piante vive venivano asportati ogni anno e impiegati per confezionare ceste e gerli, mentre le ramature venivano raccolte dopo il taglio in fascine e usate per il riscaldamento delle case e dei forni dei fornai. Il fogliame caduto veniva raccolto e utilizzato come strame nelle stalle – el patös. Il sottobosco diveniva così libero e praticabile per il pascolo. Altra attività nel bosco era la raccolta dei funghi, questi contribuivano alla dieta e al reddito. Negli ultimi decenni del Novecento il taglio della legna ha perso il suo ruolo economico portando alla cessazione di questa attività e delle altre correlate, come la pulitura del sottobosco che ha innescato la proliferazione di robinia, sambuco e sterpaglie e l’incremento del rischio di incendio.
Superfici prative – si estendono in zone ristrette nelle aree boschive. Sono aree ricavate dal bosco per la realizzazione di pascoli e la produzione di foraggio per gli animali. Oggi queste aree non vengono più adibite ad alcuna pratica.
Micro-stazioni di castagni da frutto – occupano gli spazi presso gli antichi insediamenti rurali Còsta, Màfa e Marüs e i margini delle superfici prative. La coltura del castagno da frutto – marù – è plurisecolare. La coltura richiede l’innesto e la potatura regolare e, a ottobre, la raccolta tramite battitura. I frutti, una volta raccolti, venivano trasportati a casa, ammucchiati, ricoperti di ramaglie e mantenuti umidi per provocare el ròp, ossia la macerazione del riccio che li preservava dai parassiti. A novembre il mucchio veniva smantellato, le castagne, già uscite o facilmente estraibili dai ricci sfibrati, venivano poste ad asciugare per poi essere vendute. I frutti furono componente base dell’alimentazione dei ceti più poveri, dove questi venivano cotti, arrostiti, bolliti nel latte o ridotti in farina per farne pappe e polente. Nel corso del Novecento ad oggi la coltura del castagno da frutto si è molto ridimensionata a causa soprattutto del ruolo economico non più conveniente, causando l’abbandono, l’inselvatichimento, la maggiore predisposizione agli attacchi dei parassiti e in alcuni casi il loro sradicamento. Oltre al castagno da frutto c’era anche l’usanza di piantare alberi da frutto come ciliegi, peschi, fichi e mandorli, che garantivano un commercio verso il mercato di Iseo.
L’unica area verde esente da interferenze dell’uomo è la boscaglia xerotermofila di rupe. Si estende lungo le pareti rocciose, ripide, impervie e difficilmente raggiungibili a occidente e tra Zurane e Sergnana. La flora, tipica del clima sub-mediterraneo, che vi è cresciuta è dovuta alla posizione soleggiata e arida. Questa ha attecchito spontaneamente ma non sempre è autoctona, per esempio il lecceto sul versante tra Zurane e Sergnana è cresciuto agli inizi degli anni 2000 e la ginestra sotto la Madonna del Corno è stata portata con la piantumazione della pineta.
Bibliografia
Abeni E., La Franciacorta nella storia e nella storiografia (Dalle origini alla fine del secolo XVIII), Edizioni del Moretto, Brescia, 1984
Associazione Culturale San Pietro in Lamosa, MONTE COGNOLO O CULME Provaglio/Provezze, in “La Mappa Del Tesoro. Materiali Per Un Museo Nel Territorio”, scheda 5, Litografia La Cartotecnica, Provaglio d’Iseo (BS), 2004
Donni G., Provaglio e i Provagliesi, Litografia La Cartotecnica, Provaglio d’Iseo (BS), 1998
Fondazione Culturale San Pietro in Lamosa Onlus, IL VERDE DEL MONTE: GLI USI Provaglio/Provezze, in “La Mappa Del Tesoro. Materiali Per Un Museo Nel Territorio”, scheda 15, Litografia La Cartotecnica, Provaglio d’Iseo (BS), 2005
Sitografia
https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/periodicitecnici/quaderni-sgi/ [Consultato nel mese di gennaio 2023]